lunedì, novembre 27, 2006

Uccidete la democrazia!!!

Da corriere.it
In un documentario i «brogli» del Polo
Deaglio e Cremagnani: anomalie sulle schede bianche
MILANO — Uccidete la democrazia!, il nuovo film di Beppe Cremagnani ed Enrico Deaglio con la regia di Ruben H. Oliva, non è questione di sindrome da complotto ma di numeri, numeri e ore. Gli autori lo dicono subito, prima che scorrano in anteprima le immagini e Gola Profonda inizi il suo racconto. La notte di lunedì 10 aprile 2006 è ormai sfumata nel martedì e l'Italia è in sospeso, il flusso dei dati elettorali s'è bloccato, «non si riesce a capire che sta succedendo» dice Romano Prodi, l'esito delle elezioni è più che mai in bilico e intanto a Palazzo Grazioli, quartier generale di Berlusconi, è arrivato Beppe Pisanu. Mai successo che un ministro dell'Interno lasciasse il suo posto in un momento così. C'era già stato verso le 19,20. Per convocarlo, alle 23,14 gli telefonano al Viminale, «l'hanno costretto, letteralmente costretto ad andare». Berlusconi è furibondo, «gli grida in faccia, dice che lui non è disposto a perdere per una manciata di voti». Pisanu torna al Viminale e là ci sono quelli dell'Unione. Marco Minniti, Ds, è piombato in sala stampa agitatissimo, ha cercato i funzionari, ha fatto una telefonata. Poi si è rasserenato. Testimonianze. Immagini dei tg. E Gola Profonda che racconta: più tardi, a Palazzo Grazioli, ci sono quattro uomini chiusi in una stanza. Berlusconi, Bondi, Cicchitto e, ancora, Pisanu. Il Cavaliere non ci sta. E il clima si fa pesante, per il ministro. Volano insulti, «vigliacco», «traditore». Sono le 2.44 quando Piero Fassino annuncia alle telecamere: abbiamo vinto. A quanto pare dal film, il grande imbroglio informatico è sfumato in extremis, il programma che nel sistema di trasmissione dati del Viminale trasformava le schede bianche in voti per Forza Italia è stato fermato a ventiquattromila voti dal traguardo, l'esiguo vantaggio dell'Unione. E a questo punto le immagini rallentano, scrutano il volto segnato del segretario Ds, le occhiaie scure, lo sguardo cupo, mai vista una proclamazione così. In via del Plebiscito Berlusconi fa chiamare l'onorevole Ghedini, vuole preparare un decreto che dice farà approvare dal Consiglio dei ministri per sospendere il risultato elettorale fino a un nuovo conteggio e assicura che lo farà firmare a Ciampi.
Ma dal Colle fanno sapere che il Presidente «non vuole neanche sentirla», una richiesta simile. Abbiamo evitato un golpe? «Non s'innamori dei paroloni: guardi i numeri», sorride Gola Profonda, alias uno strepitoso Elio De Capitani, l'ex «Caimano» di Moretti che nel film incarna tutte le fonti riservate dell'inchiesta. Il personaggio che racconta quella notte delle Politiche 2006 è fittizio, «ma i numeri sono veri», spiega Deaglio, «aspettiamo che intervengano i magistrati, che il ministro chiarisca, che il presidente Napolitano ci rassicuri ». Gli autori sono partiti da un libro, Il broglio, firmato da un anonimo «Agente Italiano» e uscito a maggio. Il dvd contiene i dati provincia per provincia. Numeri che il Viminale pubblica di solito «dopo 40 giorni» e fino ad oggi sono rimasti riservati. Perché? «Perché sono impresentabili, ecco perché». Al centro del «docu-thriller», il mistero delle schede bianche. Dalle Politiche 2001 a quelle 2006, per la prima volta nella storia della Repubblica, sono crollate: da 1.692.048 ad appena 445.497, 1.246.551 in meno. Maggiore partecipazione? Ma gli elettori, al netto dei votanti all'estero, sono stati di meno:
39.424.967 contro i 40.190.274 di cinque anni fa. E soprattutto ci sono le «anomalie» statistiche. L'Italia è varia, la percentuale di «bianche» nel 2001 cambiava ad ogni regione, 2,6 in Toscana, 9,9 in Calabria, 5,5 in Sardegna... L'animazione del film fa ruotare lo Stivale come in una centrifuga, nel 2006 i dati sono omologati, «tutto dall'1 al 2%, isole comprese!». Tutto più o meno uguale, e non un posto dove le bianche non siano calate. In Campania, per dire, si è passati da 294.291 bianche a 50.145, meno duecentocinquantamila, dall'8 all'1,4%. E poi c'è la successone degli eventi. Alle 15 il primo exit-poll dà all'Unione cinque punti di scarto, come tutti i sondaggi. Ma alle 15,45 Denis 1 di 2 21/11/2006 8.12
In un documentario i «brogli» del Polo -Corriere della Sera http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/11_Novembre/ ...
Verdini, responsabile dell'ufficio elettorale di Forza Italia, dice che «alla Camera è testa a testa, lo si vedrà dopo diverse proiezioni».
E infatti: un'animazione mostra la «forbice» tra gli schieramenti che diminuisce «regolare come un diesel», ogni ora la Cdl guadagna mezzo punto e l'Unione lo perde. I primi dati del Viminale arrivano alle 20,19 e proseguono col contagocce. Alle 21,38 l'Ulivo invita a «presidiare i seggi», quando si bloccano i dati manda il segretario provinciale a Caserta. Inizia la lunga notte. Resta da scoprire l'arma del delitto. E Deaglio, nel film, vola in Florida a intervistare Clinton Curtis, programmatore informatico che nel 2001, inconsapevole, preparò un software per truccare le elezioni e poi ha denunciato tutto e ne ha fatto una battaglia. «Qualsiasi broglio le venga in mente, con la matematica si può fare». E al direttore di Diario, in mezz'ora, prepara un programma che distribuisce in automatico le bianche a uno schieramento lasciandone una percentuale tra l'1 il 2, «si può inserire nel computer centrale o a metà della rete, bastano quattro o cinque persone». Deaglio dice che le bianche mancanti e i voti in più di Forza Italia corrispondono: «Sono gli unici risultati sbagliati dagli exit-poll». Problema: se è vero, perché Berlusconi ha perso? La tesi del film è nella domanda che Deaglio fa a Curtis: è possibile interrompere il processo? «In ogni momento». Si torna alla notte di Palazzo Grazioli. Le pressioni su Pisanu. Il «colpo di teatro», l'arresto di Provenzano l'indomani. E l'«antropologia» dei democristiani, il loro fiuto infallibile. Gola Profonda conclude: «Quella sera il ministro ha fiutato. Ha capito subito che Berlusconi era un gatto che si agitava, ma era un gatto morto. E ha agito di conseguenza».
Gian Guido Vecchi

martedì, novembre 21, 2006

LA VERA STORIA: PERCHÈ LA MARIJUANA FU PROIBITA

Scritto da Massimo Mazzucco per luogocomune.net
La marijuana (spagnolo), o cannabis (latino) o hemp (inglese) è una pianta che si potrebbe definire miracolosa, ed ha una storia lunga almeno quanto quella dell'umanità. Unica pianta che si può coltivare a qualunque latitudine, dall'Equatore alla Scandinavia, ha molteplici proprietà curative, cresce veloce, costa pochissimo da mantenere, offre un olio di ottima qualità (molto digeribile), ed ha fornito, dalle più antiche civiltà fino agli inizi del secolo scorso, circa l'80 per cento di ogni tipo di carta, di fibra tessile, e di combustibile di cui l'umanità abbia mai fatto uso.E poi, cosa è successo? E' successo che in quel periodo è avvenuto il clamoroso sorpasso dell’industria ai danni dell'agricultura, e di questo sorpasso la cannabis è stata chiaramente la vittima numero uno. I nascenti gruppi industriali americani puntavano soprattutto allo sfruttamento del petrolio per l’energia (Standard Oil - Rockefeller), delle risorse boschive per la carta (editore Hearst), e delle fibre artificiali per l’abbigliamento (Dupont) – tutti settori nei quali avevano investito grandi quantità di denaro. Ma avevano di fronte, ciascuno sul proprio terreno, questo avversario potentissimo, e si unirono così per formare un'alleanza sufficientemente forte per batterlo.
L'unica soluzione per poter tagliare di netto le gambe ad un colosso di quelle dimensioni risultò la messa al bando totale. L’illegalità. Partì quindi un'operazione mediatica di demonizzazione, rapida, estesa ed efficace ("droga del diavolo", "erba maledetta" ecc. ), grazie agli stessi giornali di Hearst (è il famoso personaggio di Citizen Kane/Quarto Potere, di O. Wells), il quale ne aveva uno praticamente in ogni grande città. Sensibile al denaro, e sempre alla ricerca di temi di facile presa popolare, Hollywood si accodò volentieri alla manovra, contribuendo in maniera determinante a porre il sigillo alla bara della cannabis (a sin. la locandina del fim "Marihuana: assassina di giovinezza - Un tiro, una festa, una tragedia"). La condanna morale viaggiava rapida e incontrastata da costa a costa (non c’era la controinformazione!), e di lì a far varare una legge che mettesse la cannabis fuori legge fu un gioco da ragazzi. Anche perchè pare che i tre quarti dei senatori che approvarono il famoso "Marijuana Tax Act" del 1937, tutt'ora in vigore, non sapevano che marijuana e cannabis fossero la stessa cosa: sarebbe stato il genio di Hearst ad introdurre il nomignolo, mescolando le carte per l'occasione. Fatto sta che a partire da quel momento Dupont inondava il mercato con le sue fibre sintetiche (nylon, teflon, lycra, kevlar, sono tutti marchi originali Dupont), il mercato dell'automobile si indirizzava definitivamente all'uso del motore a benzina (il primo motore costruito da Diesel funzionava con carburante vegetale), e Hearst iniziava la devastazione sistematica delle foreste del Sudamerica, dal cui legno trasse in poco tempo la carta sufficiente per mettere in ginocchio quel poco che era rimasto della concorrenza. Al coro di benefattori si univa in seguito il consorzio tabaccai, che generosamente si offriva di porre rimedio all'improvviso “vuoto di mercato” con un prodotto cento volte più dannoso della cannabis stessa.E le "multinazionali" di oggi, che influenzano fortemente tutti i maggiori governi occidentali, non sono che le discendenti dirette di quella storica alleanza, nata negli anni '30, fra le grandi famiglie industriali. (Nel caso qualcuno si domandasse perchè mai la cannabis non viene legalizzata nemmeno per uso medico, nonostante gli innegabili riscontri positivi in quel senso).Come prodotto tessile, la cannabis è circa quattro volte più morbida del cotone, quattro volte più calda, ne ha tre volte la resistenza allo strappo, dura infinitamente di più, ha proprietà ignifughe, e non necessita di alcun pesticida per la coltivazione. Come carburante, a parità di rendimento, costa circa un quinto, e come supporto per la stampa circa un decimo.Abbiamo fatto l'affare del secolo.

giovedì, novembre 16, 2006

Un Paese impazzito? No, allo sfascio

Scritto da Enrico Sabatino pressante.com
Giorni fa il Presidente del Consiglio Prodi ha dichiarato che il Paese è impazzito e immediatamente si è attirato gli improperi bipartisan di politici e giornalisti. In alcune trasmissioni televisive sono state mandate in onda interviste sull’argomento fatte alla popolazione che a maggioranza ha decretato che era Prodi ad essere impazzito, che un capo di Governo non si può esprimere in quei termini ecc. ecc.Non voglio sindacare sulla giustezza o meno di quella affermazione ma sinceramente penso che l’Italia più che impazzita sia allo sfascio, e per tutta una serie di motivi.
Cominciamo con un’imperante precarietà del lavoro, uno sviluppo economico pari a zero, un futuro economico che ci fa’ avvicinare sempre più all’Argentina del 2001 dato l’enorme debito pubblico che ci ritroviamo sulle spalle, nuove generazioni che per la prima volta nella storia del Paese si ritrovano in condizioni economiche e con prospettive future peggiori delle precedenti generazioni.Proseguiamo poi con una classe politica autoreferenziale che si perde nei meandri dei piccoli “interessucci di bottega” senza una “vision” e/o “mission” per il futuro del Paese e che in alcuni suoi membri che siedono in Parlamento denota un’ignoranza totale della realtà che li circonda (per alcuni illustri deputati Mandela è brasiliano, il Darfur è uno stile di vita affrettato, Hamas è un uomo, la Consob boh..., i talebani sono in Afanistan, Olmert è libanese, Peretz un portoghese, Caino è figlio di Giacobbe, ecc. ecc.).Abbiamo poi una classe imprenditoriale che non rischia e non investe più, ma continua a brandire il ricatto della delocalizzazione non conoscendo i principi base del capitalismo e cioè il libero mercato e la competitività.Ma i segnali di un Paese ormai allo sfascio sono anche il fatto che nessuno vuole pagare le tasse però pretende ugualmente servizi eccellenti dallo Stato, una compagnia aerea nazionale sull’orlo del fallimento - che continua a sopravvivere non si sa perché e con manager strapagati - , e lo stesso dicasi per quella ferroviaria. Non voglio infierire poi sullo stato delle nostre autostrade e delle infrastrutture in cantiere.Ci sono inoltre una televisione che incita le nuove generazioni, ma non solo, al voyerismo dei reality e premia il becero “culotettismo”, una classe giornalistica che in gran parte è indegna a definirsi tale, una scuola che sforna ignoranza e dove accadono anche osceni episodi come quello del ragazzo down preso in giro e picchiato in classe da alcuni compagni senza che la professoressa muovesse un dito; il tutto condito da immagini riprese con il telefonino di uno studente.Già, il telefonino… e il suo l’uso maniacale…qui in Italia ormai ci sono più telefonini che abitanti. Viviamo poi in un Paese poi dove chi può permetterselo dichiara al fisco un reddito da fame ma scorrazza a bordo di berline e fuoristrada costosissimi - imitato anche da chi effettivamente guadagna uno stipendio da fame però s’indebita a sangue pur di avere l’auto “spaziale” e l’ultimo modello di TV al plasma.Non ci facciamo mancare niente e infatti siamo famosi nel mondo anche grazie ad una criminalità organizzata che domina nel sud con un potere economico spaventoso che ha da tempo varcato i nostri confini, e che solo per questo fatto ha già vinto nei confronti dello Stato e del principio di legalità.Potrei continuare con l’elenco, ma penso che anche così possa bastare per affermare che l’Italia si trova in una situazione di sfascio economico, politico, etico e sociale.Però un primato ce l’abbiamo; l’avete mai visto un altro Paese con un palazzo di un Ministero che ospita in alcune sue stanze un variegato bazar abusivo per i propri dipendenti e non solo?

Ah dimenticavo, siamo pur sempre Campioni del Mondo, o no?

giovedì, novembre 09, 2006

Il Divino 8X1000

Fonte: Telefree.it
SULL'OTTO PER MILLE LA CHIESA CALA L'ASSO ... E PIGLIA TUTTO !Vademecum per le prossime dichiarazioni dei redditi.Webzine: Dice il commercialista: "Quelli che esprimono una preferenza sono soprattutto i contribuenti di ceto alto, mentre la gran massa non è interessata". Ed ha ragione: chi sceglie di destinare il suo 8 per mille nelle denunce dei redditi è una minoranza, il 39.62% dei contribuenti italiani. Significa che chi non sceglie è il 60,38%. Una minoranza. Che, per giunta, di anno in anno si assottiglia. Chi non sceglie, sempre secondo il commercialista, pensa, ad esempio, che il loro 8 x mille, in assenza di una preferenza esplicita, non sarà distribuito affatto (falso), oppure che non scegliendo andrà allo Stato (falso). In effetti, l'informazione istituzionale è un po' scarsa.Il totale dell'8 x mille distribuito nel 2004, secondo i dati ufficiali, è stato di 897 milioni di euro.Una cifra enorme. Ripartita così: 87.25% alla Chiesa Cattolica, 10.28% allo Stato, 1.27% ai Valdesi, 0.42% alle comunità ebraiche, 0.31% ai Luterani, 0.27 agli avventisti, 0.20 agli evangelici delle Assemblee di Dio. C'è un'altra religione che ha firmato un accordo con cui è riconosciuta dallo Stato, i Battisti, ma ha chiarito che non vuole niente. La Chiesa Cattolica, dunque, fa la parte del leone e secondo il suo dato percentuale avrebbe dovuto incamerare, nel 2004, 310 milioni di euro. Ma ecco svelato uno dei misteri (gaudiosi) dell'8 x mille: in realtà ha ricevuto oltre 782 milioni di euro.Non è l'unica ad avvantaggiarsi per il metodo di ripartizione dei fondi.Lo Stato, ad esempio, secondo le scelte espresse, avrebbe dovuto avere 36.5 milioni di euro ma, di milioni, ne ha percepiti oltre 100. Perché? Per un meccanismo che il presidente dell'ADUC (Associazione per i diritti di utenti e consumatori) non esita a definire "perverso". Di che si tratta? Semplice: chi non sceglie, vede ripartito il suo 8 x mille sulla base delle proporzioni di chi ha scelto. Praticamente, esistono due tranche di calcolo, la prima sulla base delle scelte effettuate, la seconda dividendo quello che resta (la maggioranza, cioè il 60.38%) secondo le stesse percentuali di chi ha espresso una preferenza.Con un'ulteriore eccezione: i Valdesi e gli evangelici non prendono la seconda tranche. Il loro accordo l'aveva esclusa.Poi c'è un'ulteriore sorpresa. Mentre i "piccoli" riceveranno i soldi con quattro anni di ritardo, se si va a vedere il bilancio della Chiesa Cattolica si scopre un numero davvero misterioso. I cattolici, infatti, nel 2004 hanno percepito non i 782 milioni di euro, ma addirittura 936.5 milioni di euro.La parte eccedente è sotto la voce "conguaglio anno 2001".Spiegano alla presidenza del Consiglio, dove esiste un ufficio apposito che si occupa dell'8 x mille: "In effetti la Chiesa Cattolica ha un privilegio. In pratica, mentre tutti vengono pagati a quattro anni - la legge dice tre, ma sa come sono queste cose ... - per i cattolici si danno degli anticipi.C'è una ragione storica: quando nel 1984 Craxi e casaroli firmarono il nuovo Concordato, dovettero tener conto che, fino ad allora, lo Stato aveva pagato gli stipendi sotto forma di "congrue". Non si poteva, da un giorno all'altro, lasciarli scoperti ...".Tutto è stato fatto per finanziare la Chiesa cattolica" taglia corto il presidente dell'ADUC.Basta seguire la storia per comprenderlo. Il concordato del 1929 (firmato da Mussolini e dal cardinale Gasparri) stabiliva il sistema delle "congrue" per retribuire i sacerdoti. Con il nuovo Concordato del 1984, il beneficiario diventa la CEI, la conferenza dei vescovi italiani, creando un caso di non poco conto. Se è evidente che gli stipendi dei religiosi restano una voce importante di quel bilancio (319.5 milioni di euro), c'è un residuo significativo che la CEI gestisce sulla base della legge, ma con discrezionalità. Dice il senatore Passigli: "In pratica si è fatto crescere il potere del vertice della CEI, che può dare a una o all'altra diocesi, a questi o a quei missionari". C'è poi un capitolo ulteriore, un giallo nel giallo, che l'ADUC mette in luce. Come usa, lo Stato, i suoi soldi dell'8 x mille (anzi, i nostri)?La legge dice che dovrebbe farlo per scopi sociali specificati.Se prendiamo il dato della ripartizione 2004, infatti, troviamo: conservazione dei beni culturali religiosi 44.6%, calamità naturali 24.73%, conservazione beni culturali civili 23.03%, fame nel mondo 4.44%, assistenza rifugiati 3.16%. Ma se si sommano le cifre assolute rappresentate da queste percentuali, si arriva a 20.5 milioni di euro, a fronte di una scelta di 100 milioni di euro.Dove sono finiti gli altri 80 milioni di euro?La Finanziaria li ha decurtati e trasferiti al bilancio dello Stato. C'erano le tasse da abbassare, il deficit, l'Europa che premeva. Ma è corretto? Si può contraddire una legge con un'altra?L'ADUC ha condotto uno studio sui bilanci di chi beneficia dell'8 x mille.La Chiesa Cattolica è molto generica, il suo bilancio dice: esigenze di culto 442 milioni di euro, sostentamento del clero 319.5 milioni di euro, opere di carità 190 milioni di euro.I Valdesi risultano i più trasparenti. Niente per il culto, tutto per finanziare progetti culturali e di solidarietà, in Italia ed all'estero. "Sul loro sito" dice l'ADUC "i rendiconti sono degni di questo nome". Le comunità ebraiche usano la metà della loro cifra in attività "formative in cultura ebraica", il resto in attività culturali, "tutela delle minoranze" e del patrimonio monumentale ebraico. I luterani dichiarano opere culturali, sociali e di evangelizzazione e progetti delle comunità. Ma anche sostegno al culto ed al movimento dei pastori. Gli avventisti si occupano esclusivamente di progetti sociali in Italia (80%) e all'estero, così come gli evangelici.E quanto costa la pubblicità per ottenere l'adesione dei cittadini?"Chiesa Cattolica, comunità ebraiche ed evangelici non dichiarano niente" dicono all'ADUC "mentre Valdesi, avventisti e luterani lo fanno".C'è da aggiungere un dettaglio. Lo Stato spende gran parte dei soldi (il 44.64% del totale, oltre 9 milioni di euro) per la conservazione di beni culturali non suoi. Di chi sono quei beni? Della Chiesa, che per lo stesso scopo spende solo il 9% della propria dotazione.E guadagna così un'altra fetta di paradiso. Sotto forma di otto per mille.

martedì, novembre 07, 2006

Il Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC)

Scritto da Marco M
Nella puntata del 2 giugno di Matrix sull'11 settembre, si è accennato al PNAC, di cui ci siamo già occupati. Facciamo quindi un riassunto su cos'è lo sconvolgente "Project for a New American Century", disponibile sin dal 1997, già sottoposto all'epoca a Clinton il quale lo respinse.
Adesso è in piena attuazione (con precisione incredibile) e molti dei suoi autori sono nell'amministrazione Bush.
Uno sconvolgente documento in cui è già scritta tutta la storia del mondo dei recenti e dei prossimi anni come nelle intenzioni di questa loggia neocon. Su Internet da 9 anni c'è spudoratamente un sito sconvolgente con il "Progetto per un nuovo Secolo Americano", opera di un gruppo di neocon fondato da Rumsfeld e Cheney e con base a Washington, in cui già da anni si progettava la guerra permanente in Medio Oriente prima all'Iraq, poi all'Iran, alla Siria e così via, per affermare, espandere e difendere il dominio degli Stati Uniti sul mondo intero. Questa presentazione la trovate scritta nella home page. I teorici del Nuovo Secolo Americano facevano notare nel PNAC che un’accelerazione positiva ai loro progetti sarebbe stata possibile solo in concomitanza di un “evento catastrofico e catalizzatore – come una nuova Pearl Harbor” (Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources For a New Century. A Report of the Project for the New American Century, September 2000. Pag. 63) .
L'intero progetto, portato avanti da anni, è nelle pagine di tutto il sito.
E gli autori? Guardate in questa pagina, scritta nel 1997. Leggete i nomi degli autori alla fine. E rabbrividite. Jeb Bush, fratello del Presidente USA e governatore della Florida dal 1998 (ricordate come divenne presidente George W Bush?...).
Dick Cheney, vicepresidente USA.
Donald Rumsfeld, ministro della Difesa USA.
Paul Wolfowitz, teorico della guerra preventiva e nominato da Bush Presidente della Banca Mondiale.
Il presidente è William Kristol, direttore di "the Weekly Standard" e corrispondente della TV FOX News.
Tra gli altri membri PNAC si segnalano: John R. Bolton. ambasciatore USA all'ONU.R. James Woolsey, ex direttore della CIA.
Richard Perle, fondatore del PNAC, strettamente legato alla destra israeliana.Steve Forbes, multi-miliardario, editore di Forbes Magazine.
Donald Kagan, professore della Yale University
Come vedete, una loggia ben ramificata nei punti chiave della società, mass media compresi.
Tutto già pronto e scritto da anni. Serviva solo il pretesto per far scattare tutto. 11 settembre 2001.Ora tocca all'Iran. E' scritto dal 1997. Iran dove nel 1953 la CIA effettuò il primo golpe prima di quelli sudamericani (Cile, Argentina eccetera), mettendo al potere un dittatore e rovesciando il premier che voleva nazionalizzare il petrolio. Decenni di dittatura feroce e petrolio agli americani. Poi gli USA hanno perso il controllo in Iran, dunque il Progetto ne prevede la riconquista. In Iran hanno capito che l'unico modo per difendersi da una storia già scritta è lavorare sul nucleare. Il resto verrà da sè e staremo a vedere.
Sulla parte riguardante il post 11 settembre, l'articolo che segue, pubblicato nel settembre 2002 dal Sunday Herald di Londra, sembra offrire un'ottima sintesi di quella che è la mentalità che sta alla base del "Progetto per il Nuovo Secolo Americano".
E tutto questo sta accadendo davanti agli occhi del mondo intero.

pressante.com

giovedì, novembre 02, 2006

Il peso dell'uomo

Scritto da Agnese Licata altrenotizie.org
A due settimane dalla loro pubblicazione, i dati e le allarmanti previsioni che il Wwf ha recentemente reso noti attraverso il suo Living planet report non sembrano interessare le varie autorità internazionali. Autorità che, invece, dovrebbero discutere di come rimediare al palese fallimento delle varie iniziative, protocolli e conferenze in tema di ambiente. Nel 1992 a Rio de Janeiro la Conferenza delle Nazioni unite per l’ambiente e lo sviluppo aveva riaffermato l’importanza di non superare i limiti della natura. Ma a leggere il rapporto del Wwf sul 2003, di capisce che ben poco è cambiato, nonostante gli 11 anni trascorsi.
Ben poco è stato fatto per alleggerire il pianeta di un sistema economico che, all’altare della crescita illimitata, sacrifica tutto il resto, a partire dalla possibilità di raggiungere uno sviluppo che contemporaneamente tenga conto delle nuove generazioni e sia capace di coinvolgere in modo equo tutte le nazioni.”Dobbiamo (dovremmo ndr) plasmare adesso le possibilità per le generazioni future”, scrive nell’introduzione del rapporto James P. Leape, direttore generale del Wwf International. Ma più passa il tempo e più la nostra impronta su questo pianeta rischia di diventare letale. Secondo il Living planet report, negli ultimi trent’anni l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera dall’uso di combustibili fossili ha ecceduto progressivamente sempre di più la capacità dell’ecosistema di smaltirla. Non solo. Le popolazioni animali, marine e terrestri con cui l’uomo convive, sono diminuite di quasi un terzo (esattamente del 29%). A minacciare oggi le altre specie, domani la stessa sopravvivenza umana, c’è di tutto: inquinamento; distruzione incontrollata degli habitat naturali a favore delle coltivazioni; continue deviazioni delle acque di fiumi e laghi per fini energetici e agricoli; eccessivo sfruttamento delle popolazioni ittiche e altro ancora. Stiamo vivendo da trent’anni al di sopra delle possibilità che la Terra ci offre e non potremo andare avanti a lungo. Le foreste, ad esempio, hanno bisogno di almeno cinquant’anni per raggiungere la maturità e trasformarsi in una riserva di legname. Senza il rispetto di questi tempi, il polmone verde del pianeta rischia di assottigliarsi per poi collassare irrimediabilmente. A quel punto, poi, non ci sarebbe molto da fare, considerando che le risorse non sono interscambiabili e, soprattutto, non possono sopravvivere l’una indipendentemente dall’altra. La capacità del nostro pianeta di farci credito non è infinita. Senza una decisa inversione di tendenza, ci dice il Wwf, nel 2050 il consumo delle risorse mondiali doppierà la capacità della biosfera di rigenerarle. Per andare in pari e non rischiare di distruggere definitivamente tutto l’ecosistema, dovremmo avere a disposizione un’altra Terra da sfruttare a nostro piacere. Per capire quanto l’economia mondiale stia spingendo sull’acceleratore senza tener conto di niente, basta dire che per il 2050 il “debito ecologico” accumulato dall’uomo nel corso degli anni potrebbe arrivare a ben 34 anni di produttività biologica. Un ritmo che tutte le ricerche continuano a definire insostenibile, senza che però a questo faccia eco la volontà concreta delle autorità di modificare il loro rapporto con la natura.Dando uno sguardo più nel dettaglio al rapporto del Fondo mondiale per la natura, si scopre che nel 2003 la terra ha impiegato un anno e tre mesi per produrre le risorse che l’uomo ha consumato in un solo anno. Un debito di tre mesi. Di questo debito, però, non sono responsabili in modo omogeneo tutte le nazioni. Nel 2003, coloro che hanno avuto la fortuna di nascere in uno dei paesi a più alto reddito, hanno consumato circa il 70 per cento delle risorse totali usate in quell’anno. Ossia: il 18% delle nazioni considerate (pari ai 27 paesi occidentali su un totale di 150) usa il 70% delle risorse consumate annualmente da tutto il mondo. Questo è il nostro modello di sviluppo equo. Questa l’economia che l’Occidente tenta di difendere dietro la maschera del Protocollo di Kyoto e delle sue quote di emissione da acquistare e vendere sul libero mercato tra nazioni; con l’obiettivo, neanche tanto nascosto, di permettere ai paesi più industrializzati di continuare a pompare la propria economia senza badare alle conseguenze ambientali. Così, se dal 1961 al 2003 l’impronta pro capite lasciata dalle nazioni a medio reddito (tra cui la maggior parte di quelle latino-americane) e a basso reddito (tra le quali quasi tutta l’Africa) è rimasta stabile e ben al di sotto della capacità di rinnovamento della biosfera, quella dei paesi occidentali è aumentato esponenzialmente. In testa alla classifica dei paesi che, con i loro consumi e i loro rifiuti, occupano maggiormente questa immaginaria superficie espressa in ettari globali pro capite, ci sono gli Emirati Arabi Uniti. Seguono: Stati Uniti, Finlandia, Canada, Kuwait, Australia, Estonia, Svezia, Nuova Zelanda, Norvegia, Danimarca, Francia. Ventinovesima, l’Italia. Una classifica che, per molti versi stupisce. A sorprendere è la presenza di tanti stati del Nord Europa, famosi per la loro attenzione alle questioni ambientali. La spiegazione sta tutta nella metodologia usata dal Wwf. Che l’energia usata venga prodotta bruciando carbone o utilizzando pannelli solari, non importa. Quello che si vuole considerare non è il “come”, ma il “quanto”. E il “quanto” è alto anche per Norvegia, Svezia, Finlandia.E allora non stupiscono le guerre, le tensioni per il controllo delle risorse, che disseminano i cosiddetti paesi in via di sviluppo: le miniere della Repubblica democratica del Congo e della Sierra Leone; il petrolio del Sudan, del Ciad, dell’Iraq; il metano della Russia e via dicendo. Perché parlare di ambiente, di sfruttamento delle risorse mondiali, non significa soltanto cercare di garantire alle generazioni future un mondo dove si possa ancora respirare e vivere in simbiosi con le altre specie; significa anche lavorare per garantire loro un pianeta più sicuro. Nella parte finale del suo rapporto, il Wwf cerca di indicare quali azioni possono e devono essere messi in opera per avviare una riduzione del debito che l’uomo continua a contrarre, ogni anno, con la natura. Due i campi su cui bisognerebbe tornare a discutere e a decidere con fermezza: da un lato, ovviamente, quello della domanda di risorse, che va ridimensionata; dall’altro, quello della capacità biologica che, seppure in modo limitato, può essere incrementata. Per riuscire almeno a mantenere stabile la quantità di risorse che usiamo è necessario cercare di contenere il tasso di crescita della popolazione mondiale, attraverso le politiche di contenimento delle nascite tanto odiate dai cattolici, e garantendo alle donne istruzione ed opportunità economiche. Ciò aiuterebbe anche tanti paesi in via di sviluppo a raggiungere redditi medi meno miseri. Accanto a questo, sarebbe importante ridurre i consumi e gli sprechi quotidiani che l’Occidente crede ancora di potersi permettere. Bisognerebbe lavorare per diminuire la quantità di risorse usate nella produzione di beni e servizi. Anche solo per mantenere stabile il consumo delle automobili, sarebbe necessario dimezzarne i consumi medi, oggi pari a 8 litri per 100 km. E già a pensare a questo, agli interessi che si leverebbero contro, ad una ricerca scientifica che andrebbe dirottata dai più redditizi scopi a cui viene dedicata adesso, sembra quasi di essere un don Chisciotte, impotente contro i suoi mulini a vento.

Parlamento pulito

Schiavi moderni

Onorevoli wanted

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