martedì, ottobre 31, 2006

Anche gli atei e gli agnostici meritano il massimo rispetto

di Enrico Sabatino Fonte: canisciolti.info
La cassa di risonanza mediatica seguita al discorso di Ratisbona di Ratzinger, con le prevedibili conseguenti reazioni del mondo islamico, dimostra ancora una volta che le religioni hanno il potere di dettare l’agenda mediatica e di monopolizzare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.
Oggigiorno sembra che qualsiasi argomento e qualsiasi problema debbano essere forzatamente riconducibili e incanalati nella sfera religiosa, che se ne appropria arrogandosi il diritto di parlarne in nome di tutti gli abitanti della terra, come se fosse l’unica depositaria di soluzioni, di verità e dogmi assoluti validi per tutti gli esseri umani.
Questa invadenza e arroganza della religione in senso lato ha ormai da tempo superato i limiti di tolleranza; di certo non è una novità, se si osserva la storia con tutte le guerre e i milioni di morti in nome di questa o quell’altra religione, usata come specchio per più prosaici e materiali conquiste di territori e potere economico. Ma oggi in nome di chi e di cosa le varie autorità religiose parlano e straparlano? Quanti sono effettivamente i credenti praticanti delle varie religioni nel mondo?
E’ certamente difficile, se non impossibile, quantificarli con precisione e infatti se si guardano certe statistiche, a dir poco approssimative, sembra che tutti i 6 miliardi e oltre di abitanti della terra siano fedeli di questa o quell’altra religione; quindi secondo queste statistiche il 100% degli abitanti fa’ parte di una comunità religiosa.
Ma questi dati non corrispondono assolutamente alla realtà e prendo il mio caso personale: essendo italiano sono intruppato da queste statistiche nel gruppo dei cristiani e nel sottogruppo dei cattolici, ma io sono semplicemente indifferente alla religione e mi ritengo ateo. Conosco poi molte persone che in teoria dovrebbero essere intruppati nel gruppo dei musulmani e dei buddisti che come me sono del tutto indifferenti ai dettami delle “loro” religioni.
Ho comunque anch’io un rapporto con la religione, ma è di carattere puramente estetico; e cioè, mi piace entrare in una chiesa per ammirarne un affresco, oppure visitare storiche e belle moschee per ammirarne gli interni, o entrare in templi buddisti per ammirarne i dipinti, le enormi statue dorate di Buddha e per ascoltare i mantra dei monaci, così come mi affascina e mi emoziona passeggiare e ascoltare il muezzin che intona le sue preghiere.
Ecco, questo è il mio unico rapporto con la religione, e non penso di essere un caso isolato. Infatti ci sono altre statistiche*, che anche in questo caso possono essere assolutamente discutibili, che affermano che nel mondo ci sono 1 miliardo e 154 milioni di atei e agnostici (Britannica Book of year), mentre per la World Christian Encyclopedia ci sono 1 miliardo e 71 milioni di agnostici e 262 milioni di atei nel mondo.
Ora se questi dati si avvicinano alla realtà effettiva delle cose, bisogna ammettere che sono in buona compagnia e che anche noi atei e agnostici abbiamo un cervello, una voce e abbiamo il diritto di non essere coinvolti e gettati nella mischia delle beghe tra le varie autorità religiose e tra questo o quell’altro credo.
Insomma anche noi, come chi crede in questa o in quella religione, meritiamo rispetto; perché anche noi crediamo, certo, crediamo che non esista alcuna entità superiore immanente o trascendente che dir si voglia e non vogliamo che qualcuno parli in nome nostro intruppandoci qui o là. La religione poi è essenzialmente una questione intima e personale e tale deve restare, senza quindi cannibalizzare tutto e tutti con arroganza e invadenza. Ha i suoi luoghi precipui dove può essere esercitata ed entro quei confini deve restare.
E se scoppia qualche polemica tra questo o quell’altro credo religioso, è in quei luoghi che se ne deve parlare, è tra le autorità e i credenti delle varie religioni che se ne deve discutere senza avere l’arroganza di invadere altri luoghi cercando la massima visibilità e attenzione possibili, senza avere la presunzione di coinvolgere persone che non sono minimamente interessate all’argomento in questione.
Ultimamente poi sembra essere in corso una competizione infantile tra i due gruppi di credenti più numerosi, tesa a dimostrare che la propria religione è migliore o più bella di quell’altra; una gara che ricorda un po’ quella tra bambini che si misurano l’organo sessuale. Ma comunque la strumentalizzazione della religione per conquistare o mantenere il potere è talmente datata e scontata che per noi atei è acqua calda, aria fritta e non ce ne può fregare di meno; ovviamente fino al momento in cui non saremo tirati per i capelli nella mischia e allora saremo noi a pretendere delle scuse. Ma forse ci siamo già arrivati.

martedì, ottobre 24, 2006

Il pastore e le pecore

Scritto da Elena G. Polidori altrenotizie.org
La Chiesa non fa politica. Ma detta la linea ai politici e pretende obbedienza. Mentre un nutrito drappello di parlamentari, democristiani di ieri e teocon di oggi, planavano su Verona con volo speciale (spiccavano, dopo Romano Prodi, Rosy Bindi, Pier Ferdinando Casini, Buttiglione ed Enzo Carra ) per dimostrare ancora una volta il proprio ossequio ai diktat d’Oltretevere, in uno stadio Bentegodi stracolmo e ridondante di fischi verso Prodi e Berlusconi, Benedetto XVI cominciava a leggere le trenta cartelle del suo discorso. Che passerà alla storia come l’apoteosi dell’ipocrisia cattolica e la ferma volontà di Santa Romana Chiesa di non mollare neanche un minuto la propria pressione ed ingerenza sulla politica e nel tessuto connettivo laico del Paese. In puro stile Ratisbona, il Papa ha tenuto un'altra solenne “lezione magistrale”, stavolta senza scivolare in citazioni ambigue nei confronti dell'Islam, ma sparando con grande chiarezza contro i laici, l’amore gay e i soliti pacs: oscurantismo di una Chiesa che “non fa politica”, ma che pretende di governare, obbligando la politica all’obbedienza. E con raggelante successo. Il pensiero di Ratzinger, col passare del tempo, si fa sempre più chiaro. E anche più duro. Il punto di partenza è sempre lo stesso, il giudizio sul mondo moderno e la sua cultura. Un giudizio decisamente negativo. Relativismo, utilitarismo, individualismo. Un vero disastro. La secolarizzazione, con le sue conseguenze, ha colpito un po' tutti, anche l'Italia.Il “disastro”, agli occhi di Oltretevere, indica una motivazione chiara: Dio è diventato superfluo o estraneo alla vita pubblica e la cultura espressa dall’Occidente assimila la vita dell’uomo a quella di qualsiasi altro animale, un semplice prodotto della natura. E lui come tale si comporta, provocando “immani devastazioni” che hanno come conseguenza immediata la perdita di cittadinanza della Chiesa all’interno della società. Una perdita lenta e inesorabile del potere di coercizione delle coscienze, assolutamente inaccettabile per le alte gerachie ecclesiastiche. E così il Papa tedesco, dopo aver affermato che la Chiesa non deve fare politica, ha immediatamente invertito la rotta, riconfermando la lunghissima lista di veti, minacce, proibizioni. No all'eutanasia, diritto alla vita, difesa della scuola cattolica e soprattutto no ai pacs. La fine del discorso non poteva che suggellare la contraddizione delle parole con l’azione e culminare con un richiamo politico molto forte, un invito chiaro a leggere negli atti dei teocon impegnati in politica, quella sponda di salvezza attraverso cui imporre, stavolta attraverso la legge, una morale cattolica buona per tutti.Ci sarebbe da riflettere a lungo sulla deriva della Chiesa cattolica italiana, che ormai fa coincidere la religione con la morale e la fede con l'etica sessuale. Nelle dichiarazioni del papa a Verona si è assistito ad una preoccupante escalation; insieme ad una religione fatta solo di divieti e che si esprime ormai solo in negativo (proibisce e non afferma) si è aggiunta l'invettiva e, in alcune occasioni, anche l'insulto. Ratzinger, parlando delle famiglie di fatto e delle coppie omosessuali, le ha apostrofate ancora col termine di “deviate” e di "amori deboli", contravvenendo all’ antico precetto cristiano del "non giudicare", che dovrebbe essere sempre molto presente in chi professa l’amore di Dio come assoluto.Ma non è neppure questo il punto. L’Italia è vista da Ratzinger come la trincea da cui combattere la perdita del proprio potere secolare e il rischio del distacco definitivo della società dalle “radici cristiane”, in questo caso contrapposte alla laicità dello Stato e alla Costituzione italiana. E’ nato da qui, da questo urlo contro la laicità, il fulcro del messaggio politico del papa bavarese sulla folla di Verona: rafforzare i rapporti con l’area teocon. Tutti sono stati invitati a cogliere la “grande opportunità” di diventare primi difensori della fede contribuendo “alla crescita morale e culturale dell’Italia”. Che, inversamente, conoscerebbe un pericoloso e disgregante declino, a cominciare dall’introduzione dei pacs, forma destabilizzante della famiglia mirata ad “oscurarne il suo carattere peculiare”. Passaggi del discorso salutati con applausi da un radioso cardinal Ruini, presidente della Cei, e che, ancora una volta, hanno messo in evidenza come la chiesa non abbia davvero più argomenti validi da proporre attraverso un ragionamento razionale. Che senso ha, infatti, opporsi strenuamente a un enorme processo di modernizzazione della società che, attraverso una legislazione riformista, ha già introdotto in tutti i grandi Paesi europei norme la cui applicazione ha smentito, in modo plateale e inoppugnabile, gli strali ecclesiastici? Nessuno. Ma proseguendo su questo terreno dell’ingerenza e dell’ascolto ossequioso del verbo da parte della politica, l'Italia rischia di restare l'unico Paese europeo senza una legislazione sulle coppie di fatto, causa la pervicace pretesa vaticana di continuare ad imporre alla politica italiana la propria agenda. E non solo in questo ambito.Ciò che stupisce ancora di più è che ci sia una parte cospicua della sinistra di governo che, pur non essendo uscita ancora allo scoperto, schierandosi apertamente sul lato teocon della riva del fiume, assista con colpevole immobilismo alla pretesa ecclesiastica di avere l'ultima parola sui temi della morale e del costume. Rattrista vedere l’antica identità laica e progressista , radice fondante dei Ds, annegare nei diktat di quella parte della Margherita che sostiene che sui temi come l'eutanasia, la modifica della legge 40, l'antiproibizionismo sulle droghe e il pacs, non si debba nemmeno aprire una discussione perchè è in gioco la formazione del Partito Democratico, per le cui sorti l’ala centrista non ha alcuna intenzione di perdere la fetta più grossa della torta elettorale cattolica. Ed è ancor meno accettabile che, in nome della blandizie nei confronti dell’elettorato cattolico, la medesima parte consistente della sinistra di governo abbia deciso di soggiacere alla pretesa vaticana di incarnare l’unica morale che si pretende naturale, universale, imperitura, mentre ciò che esprime il mondo laico sarebbe solo qualcosa di provvisorio, di debole. E persino deviato.Sarebbe irrealistico pensare che il nostro paese, in tempi brevi, sappia riconoscere, prima nella società civile che nelle aule parlamentari, la pari dignità tra le culture, tra le morali, tra chi crede e tra chi non crede; non se ne intravedono i presupposti. Al momento, ci si limita a guardare con stupore ad un Papa che pretende di essere creduto quando insulta l’intelligenza collettiva affermando che la Chiesa non fa politica. Ma soprattutto chi, per opportunismo politico personale, si vuole costruire un partito con l’agenda del Vaticano al posto dello statuto. Pretendendo poi di essere votato anche a chi aderisce ad una sola religione: quella laica.

giovedì, ottobre 19, 2006

11/09/2001: IL GIORNO PIU' FORTUNATO DI "LUCKY" LARRY SILVERSTEIN

DI LIFEFORCE@ROCKYMOUNTAINS.NET
Bisogna proprio essere fortunati per fare 4 miliardi di dollari con un bel colpo su un investimento di 6 mesi da 124 milioni di dollari.Larry Silverstein è il magnate immobiliare newyorkese che acquistò l’intero complesso del World Trade Center proprio 6 mesi prima degli attacchi dell’11 settembre. Quella fu la prima volta che nei 33 anni di storia del complesso vi fu un cambio di proprietà.Il primo ordine del giorno di Mr. Silverstein in qualità di nuovo proprietario fu di sostituire la compagnia responsabile della sicurezza del complesso. La nuova compagnia che venne ingaggiata fu la Securacom (ora Stratasec). Il fratello di George W. Bush, Marvin Bush, era nel consiglio d’amministrazione, e il cugino di Marvin, Wirt Walzer III, ne era il direttore generale. Secondo documentazioni pubbliche, la Securacom, non solo forniva sicurezza elettronica al World Trade Center, ma forniva copertura al Dulles International Airport e alla United Airlines, due protagonisti chiave negli attacchi dell’11/09.La compagnia era appoggiata da una società d’investimenti, la Kuwait-American Corp., anch’essa legata per anni alla famiglia Bush.La KuwAm fu legata finanziariamente alla famiglia Bush fin dalla Guerra del Golfo. Uno dei direttori e membro della famiglia reale del Kuwait, Mishal Yousef Saud al Sabah, fece parte del consiglio della Stratasec.Facciamo ora una considerazione: i membri di una esigua cricca possedevano il WTC, ne controllavano la sicurezza dei sistemi elettronici, e anche la sicurezza non solo di una delle linee aeree i cui velivoli vennero dirottati l’11/09, ma dell’aeroporto dal quale provenivano.Un’altra piccola “coincidenza” – Mr. Silverstein, che diede un acconto di 124 milioni di dollari su questo complesso da 3,2 miliardi di dollari, lo assicurò prontamente per la cifra di 7 miliardi di dollari. Non solo, assicurò il complesso contro “attacchi terroristici”.
"Lucky" Larry Silverstein
A seguito degli attacchi, Silverstein presentò due richieste di indennizzo per la cifra massima della polizza (7 miliardi di dollari), basate, secondo il parere di Silverstein, su due attacchi separati. La compagnia assicurativa Swiss Re, diede a Mr. Silverstein un risarcimento di 4.6 miliardi di dollari – un principesco compenso per un investimento relativamente misero di 124 milioni di dollari.C’è dell’altro. Vedete, le World Trade Towers non erano proprio quell’affare immobiliare che siamo portati a credere. Da un punto di vista economico, il Trade center – sovvenzionato fin dall’inizio dal New York Port Authority – non ha mai funzionato, né si intendeva farlo funzionare, indifeso nel disordinato mercato immobiliare. Come non faceva a esserne al corrente il Gruppo Silverstein?Le torri avevano bisogno di ristrutturazione e migliorie per un totale di 200 milioni di dollari, gran parte dell’ammontare relativo alla rimozione e rimpiazzo dei materiali edilizi dichiarati rischiosi per la salute fin già negli anni quando le torri vennero costruite. Era ben risaputo dalla città di New York che il WTC era una bomba all’amianto. Per anni il Port Authority trattò l’edificio come un vecchio dinosauro, cercando in diverse occasioni di ottenere i permessi per demolire la costruzione per motivi liquidità, mai concessi a causa dei risaputi problemi riguardanti l’amianto. Inoltre si sapeva benissimo che l’unico motivo per cui la costruzione stava ancora in piedi fino all’11/09 era perché sarebbe stato troppo costoso smantellare le Twin Towers piano per piano dato che al Port Authority venne impedito legalmente di demolire gli edifici.Il costo stimato per smontare le torri: 15 miliardi di dollari. Solo il materiale da impalcatura per l’operazione venne stimato sui 2.4 miliardi di dollari!In poche parole, le Twin Towers erano strutture condannate.Che cosa conveniente, quindi, quell'attacco “terroristico” che le ha demolite completamente.L’edificio 7 era parte del complesso del WTC, e coperto dalla stessa polizza assicurativa. Questa struttura di 47 piani, in acciaio, che non venne colpita da un aereo, crollò misteriosamente su se stesso a caduta libera , otto ore più tardi nello stesso giorno – esattamente nello stesso modo delle Twin Towers.Come è potuto accadere?Mr. Silverstein diede involontariamente al mondo la risposta con un lapsus freudiano durante un’intervista al canale PBS, un anno dopo: «Mi ricordo di aver ricevuto una chiamata dal comandante dei vigili del fuoco, che mi informava di non esser sicuro che sarebbero stati in grado di contenere l’incendio, e io dissi, "abbiamo avuto un numero tremendo di vittime, forse la cosa più intelligente da fare è tirarlo giù" . E presero questa decisione e assistemmo al crollo dell’edificio.»Chiunque ne sappia un po’ sulle costruzioni può affermare: “tirar giù” nel gergo industriale sta per demolizione controllata.Una cosa è certa, la decisione di “tirar giù” il WTC 7 avrebbe reso felici molte persone.La Security and Exchange Commission [SEC: Commissione di controllo sui titoli e la borsa n.d.t.] non ha quantificato il numero di casi effettivi nei quali dati sostanziali vennero distrutti dal crollo del WTC 7.L’agenzia di stampa Reuters e il Los Angeles Times pubblicarono resoconti che li stimavano tra i 3.000 e i 4.000. Includevano la più importante tra le inchieste dell’agenzia sui metodi con i quali le banche d’affari si spartivano le azioni più appetibili appena immesse sul mercato durante il periodo del boom dell’high-tech. …“Le investigazioni in corso al New York SEC ne verranno influenzate clamorosamente perché gran parte del loro è un lavoro di documentazione intensivo”, disse Max Berger della Bernstein Litowitz Berger & Grossman di New York. “Per quei casi è una sventura”.Citygroup afferma che alcune delle informazioni che la commissione sta cercando (circa WorldCom) vennero distrutte nell’attacco terroristico dell’11 settembre al World Trade Center. Salomon aveva degli uffici nell’edificio 7 del World

mercoledì, ottobre 18, 2006

SINDROME DI STOCCOLMA - Svezia-Italia due a zero

di Marco Travaglio
Una settimana dopo il suo insediamento, il governo svedese del conservatore Fredrik Reinfeldt ha già perso per strada due ministri e, molto probabilmente, ne perderà presto un terzo. Cecilia Stego Chilo, responsabile della Cultura, s’è dimessa dal governo perché giornali e televisioni hanno scoperto che ha evaso il canone della tv pubblica e non ha pagato i contributi alla tata dei suoi figli. «Non pagare l’abbonamento alla televisione pubblica - ha dichiarato la ministra uscente mentre usciva, scusandosi con il popolo svedese - e assumere in nero una baby sitter sono infrazioni inaccettabili». Maria Borelius, ministra del Commercio estero, s’è dimessa sia dal Parlamento sia dal governo perché giornali e tv hanno scoperto che ha assunto una badante in nero, non ha pagato le tasse sulla casa delle vacanze intestata a una società off-shore, ha venduto azioni di una società senza informare gl’ispettori finanziari e, anche lei, ha evaso il canone tv. In una pubblica dichiarazione, la donna ha detto: «La pressione della stampa sulla mia famiglia, i miei amici e persino i miei vicini di casa mi ha reso impossibile una vita normale». Intanto, prima che la stampa tirasse in ballo anche lui, il ministro dell’Immigrazione Tobias Billstrom s’è autodenunciato pubblicamente: «Anch’io non ho pagato il canone». Per ora rimane al suo posto, ma a Stoccolma si accettano scommesse su quanto durerà. Lì le carriere dei politici vengono stroncate per molto meno: nel ’95 la popolarissima ministra Mona Sahlin fu costretta a ritirarsi a vita privata per altro gravissimo illecito: aveva acquistato dolci per i figli con la carta di credito ministeriale. Nell’ultima campagna elettorale, il premier uscente Goran Persson aveva accusato il rivale conservatore Reinfeldt di aver assunto una tata in modo irregolare: Reinfeldt l’aveva sbugiardato, esibendo le ricevute dei versamenti previdenziali.
È fin troppo facile immaginare che accadrebbe in casi analoghi in Italia, dove per molto peggio si diventa, come minimo, presidente del Consiglio. Non c’è neppure bisogno di attivare la fantasia: da noi casi analoghi accadono di continuo, con qualche piccola differenza. Anzitutto, del canone e delle colf nemmeno si parla, visto che abbiamo in Parlamento 84 tra pregiudicati (25), condannati provvisori, imputati, indagati e prescritti per reati che vanno dall’omicidio alla mafia, dalla corruzione alla concussione, dalla truffa all’abuso edilizio, dalle percosse alle lesioni, dalla detenzione di esplosivi alla banda armata, dall’incendio alla frode fiscale, dal falso in bilancio all’adulterazione di vini. In secondo luogo, l’evasione del canone e dei contributi è stata condonata dai 12 colpi di spugna varati nella penultima finanziaria del governo Berlusconi. E comunque sarebbe tutto coperto dall’indulto. Ma, soprattutto, in Italia non si dimette nessuno: a parte Di Pietro e Storace, non si ricordano nella presunta Seconda Repubblica altri ministri inquisiti che se ne siano andati. Anzi, di solito fanno carriera. Ministri che chiedano scusa, poi, non se ne conoscono proprio. Anche perché nessuno gliele chiede, le scuse. Nelle vere democrazie, sono la stampa e le tv a premere sui politici perché diano spiegazioni ed, eventualmente, dimissioni. In Italia si preferisce alzare cortine fumogene per confondere la gente, a base di slogan intraducibili in qualunque altra lingua diversa dalla nostra. Appena scoppia uno scandalo, salta subito su qualcuno a invocare il segreto istruttorio, come se un politico potesse difendersi dall’accusa di rubare rispondendo: «È un segreto». Poi si invoca la privacy. Poi si assicura «massima solidarietà» al povero perseguitato, che intanto va da Vespa e da Ferrara a farsi assolvere. Poi si invita la magistratura a non invadere il campo della politica. Poi si indaga sul colore delle toghe che hanno scoperto lo scandalo. Poi si apre il dibattito sul primato della politica. Poi si mette in guardia dal giustizialismo, dal giacobinismo, dal girotondismo, dal moralismo, dal circuito mediatico-giudiziario. Poi si ricorda la presunzione di innocenza, come se bisognasse aspettare la sentenza di Cassazione per liberarsi di un politico indegno. Poi si corre a tagliare le unghie ai magistrati che indagano troppo, a punire severamente i giornali che scrivono troppo, e a rafforzare l’immunità parlamentare per i politici che delinquono troppo. A proposito: dov’è che si firma per iscriversi alla Svezia?

lunedì, ottobre 16, 2006

ACHTUNG BANDITEN - Il vocabolario di Arcore

di Marco Travaglio
“Banditi!”, urla da Campobasso il cavalier Bellachioma, che di banditi se ne intende (ne aveva addirittura uno in casa, e lo scambiava per uno stalliere). Ce l’ha col ministro Paolo Gentiloni che vorrebbe riscrivere almeno un po’ la legge Gasparri. «Non è più una democrazia ­ spiega lo Statista di Milanello - un paese in cui una parte politica va al governo e colpisce l’avversario attraverso le sue proprietà private». Nel dizionario di Arcore, dicesi democrazia quel paese in cui un affarista si butta in politica per non finire in galera e non fallire per debiti, e alla fine ci riesce. Dicesi banditismo un governo che, non avendo aziende da difendere dalla legge e dalla Consulta, legifera nell’interesse dei cittadini anziché del dott. Confalonieri. Ma è una vera fortuna che ieri Bellachioma abbia parlato. Per diversi motivi. Primo, perché è tornato quello di sempre: uno, che quando si parla dei problemi dell’Italia, sonnecchia, ma quando si parla di roba, scatta come la rana di Galvani. Secondo, perché forse, almeno per qualche ora, non leggeremo i commenti estasiati dei terzisti e dei «volonterosi» dell’Unione sulla sua conversione al «dialogo» e alla «vera politica». Terzo, perché tramonta ingloriosamente la favola del Berlusconi che «non si occupa più delle sue aziende»: le rare volte che non se ne occupa è perché c’è un Gasparri o un Frattini a far la guardia al bidone. Quarto, perché gli unionisti impegnati nella soluzione «condivisa» al conflitto d’interessi potrebbero capire che non si manifesta solo quando Berlusconi è al governo , ma sempre, finchè terrà in Parlamento un mignolo o un capello trapiantato. Naturalmente il proclama di Campobasso è l’ennesimo chiagni e fotti preventivo. La bozza Gentiloni ignora le sentenze della Consulta che impongono (dal 1994!) la riduzione delle reti Fininvest da tre a due sul terrestre. E fa il minimo: un leggero ritocco dei tetti pubblicitari, che peraltro Mediaset sfora da anni. Poi, incredibilmente, equipara la Rai (servizio pubblico) a Mediaset (servizio privato), anticipando per entrambe il passaggio di una rete sul digitale al 2009, mentre dal ’94 Rete4 dovrebbe stare sul satellite. Con il chiagni e fotti preventivo, Bellachioma e Confalonieri tentano di impietosire i «dialoganti» e i «volonterosi» per ottenere un congruo sconto. I 440 milioni di perdite paventati dalla ditta sono del tutto virtuali: se Rete4 fosse finita sul satellite a tempo debito, in questi 12 anni non avrebbe lucrato indebitamente cifre da capogiro. È dal 1985 -primo decreto Craxi contro i pretori che pretendevano di far rispettare la legge al Cavaliere- che non si legifera sulle tv se la legge non la scrive lui. Gentiloni è ammodo, educato e disponibile. Ma se l’altro giorno, quando Confalonieri ha inscenato la sua marcetta su Roma, avesse evitato di riceverlo su due piedi, gli avrebbe insegnato la buona creanza. A lui e al suo principale che si permette di definirlo «bandito». Per questa semplice lezione di galateo, si potrebbero usare le parole impiegate in Parlamento dai leader del Polo, che sul caso Telecom accusavano Prodi di confondere la politica con gli affari (accusa ridicola, visto che Prodi non ha aziende e Telecom, concessionaria dello Stato, ricade eccome sotto l’interesse del governo). Non sappiamo se le fonti di Verderami ieri sul Corriere erano attendibili. Ma se non ricevesse smentite, bisognerebbe domandare al dott. Confalonieri a che titolo abbia «tempestato di telefonate i leader della maggioranza» e al dott. Gianni Letta a che titolo abbia «chiesto al governo di non accelerare sul ddl tv, tentando una trattativa che prevedeva un trattato di non aggressione sulla finanziaria e un patto sull’ordinamento giudiziario». Il fatto è che sono stati abituati troppo bene. Si credono un «patrimonio del paese», mentre sono un patrimonio dei loro azionisti. Soprattutto uno, il solito.

giovedì, ottobre 12, 2006

L’onorevole sniffata

Caos politico per il test antidroga a cui le Iene di Italia1 hanno sottoposto, a loro insaputa, cinquanta deputati, dal quale uno su tre è risultato positivo. Caustico è stato Daniele Capezzone dei Radicali, da sempre schierato a favore della liberalizzazione delle droghe: “Io l’ho sempre detto”. Più forcaiola Alessandra Mussolini, che ha invitato a fare i nomi, mentre Italo Bocchino (An), negativo al test, ha annunciato vie legali. Casini ha parlato di una pessima trovata pubblicitaria.Piero Fassino invece ha ironizzato: “Può darsi che così si faccia più in fretta a cambiare la legge Fini sulle tossicodipendenze”.Ma passiamo ai fatti: una Iena in borghese, nei giorni scorsi, ha avvicinato i politici e con il pretesto di un’intervista sulla Finanziaria ha fatto tamponare la loro fronte da una finta truccatrice.Risultato: 16 onorevoli positivi sui 50 del campione analizzato. Di questi, 12 avevano assunto cannabis e quattro cocaina.
Con questo scoop della iena Matteo Viviani (nel servizio comunque si sarebbe garantito l’anonimato ai politici coinvolti dalla singolare inchiesta), ieri sera, si sarebbe dovuta aprire la decima edizione del programma cult le Iene show, che è tornato in prima serata su Italia 1 con Cristina Chiabotto, Luca e Paolo. Ma il Garante per la Privacy ha deciso di bloccare il servizio e ieri sera i politici hanno potuto dormire sonni tranquilli.
E la decisione del Garante per la Privacy ha scatenato le ire di Davide Parenti, ideatore e autore della famosa trasmissione: “Andiamo in onda da dieci anni rispettando la privacy di tutti, perfino dei guaritori filippini e dei ladri di motorini, figuriamoci quella dei deputati: protesto con amarezza. Abbiamo fatto decine di servizi in questi anni, cancellando sempre i volti delle persone coinvolte. Una delle nostre prime inchieste era sul mercato dei motorini rubati: ebbene, abbiamo trovato un ladro che vendeva un motorino quasi nuovo, ovviamente rubato, e perfino quello aveva il volto schermato. Per non parlare dei guaritori filippini, dal mio punto di vista veri gangster che speculano sul cancro, la paura della morte e la buonafede: neanche loro erano riconoscibili. Potrei continuare con le patenti false e gli infermieri che vendevano i morti alle agenzie di pompe funebri. E per finire con gli esempi, Amedeo Goria che fa le sue avances era stato schermato e la sua voce contraffatta. Poi si è scoperto, ma non a causa nostra. Ovviamente, anche questo servizio era stato costruito senza violare la privacy di nessuno. Pazienza”.
Evidentemente in Italia esiste una privacy di serie A per i parlamentari ed una, diversa, per tutti gli altri.Il vero problema non è però quello della privacy, ma un altro, ben più grave e serio.Coloro che in Italia detengono il potere legislativo in misura preoccupante violano le stesse leggi che magari hanno contribuito a far approvare.Qui non deve esistere divisione tra proibizionisti e antiproibizionisti: ogni parlamentare ha diritto di operare secondo le proprie convinzioni, ma dovrebbe farlo nel rispetto della legge.
E soprattutto non dovrebbe esercitare il suo mandato parlamentare sotto i fumi della droga.Un personaggio pubblico gode di molti privilegi, ma deve pure accettare qualche regola in più e comunque non può far piacere agli italiani sapere che parte dello stipendio dorato di questi signori finisce speso in droga, quando tante famiglie non arrivano alla fine del mese.
Non è poi giusto vedere tanta rigorosa difesa della privacy in questo caso mentre spesso la condizione di tossicodipendenza viene dichiarata e considerata aggravante per tanti piccoli “delinquenti”.No, non va bene.Un Calissano che si presenta la domenica pomeriggio in Tv per dire che ha abbandonato la droga viene accolto come un eroe, ma tanti ragazzi qualsiasi devono affrontare lo stesso percorso e, spesso da soli, lo devono fare con maggior eroismo. Non sentiamo alcuna mancanza della nuova figura del parlamentare disintossicato.

Tratto da "Rinascita" - www.rinascita.info/cogit_content/rq_attualita/Lonorevole_sniffata.shtml

lunedì, ottobre 09, 2006

11 settembre. Matrix e l'inutile pamphlet

Tratto da "Rinascita" del 5 ottobre 2006

Matrix, la trasmissione condotta da Enrico Mentana, che si autodefinisce “di approfondimento", martedì sera è tornata ancora una volta sui fatti dell'11 settembre 2001. Il tema della puntata era anche una sorta di postulato: "smentite tutte le teorie che dissentono da quella ufficiale fornita dal governo Usa".Lo spunto sarebbe venuto dall'ultimo numero di Diario che a sua volta riprendeva un libro di Popular Mechanìchs, pubblicato, negli Usa, nel quale venivano sbandierati "gli studi” di 300 esperti e scienziati, grazie ai quali si sarebbe trovata una spiegazione logica per ogni contraddizione alle tesi ufficiali scoperte in questi anni.
Per Mentana, naturalmente, quello era tutto oro colato e la scheda "informativa" non lasciava dubbi in tal senso.Davanti a certe “spiegazioni" però un telespettatore non addomesticato rimaneva diviso tra l'ilarità e l'indignazione. Non c'è dubbio che i famosi "esperti" abbiano lavorato molto, soprattutto di fantasia, per trovare ogni debole appiglio per avallare la tesi ufficiale, ma la loro faziosità è talmente manifesta che rende tutto il lavoro un inutile pamphlet. Naturalmente c'erano anche ospiti in studio o collegati dall'esterno ed abbiamo dovuto assistere al solito linciaggio verso chi cerca di usare, il proprio cervello.
Massimo Mazzucco, che ha raccolto una quantità enorme di materiale che sbugiarda la tesi ufficiale, collegato dagli Usa, è stato accolto con sorrisini di compiacenza o peggio. Il direttore di Diario, Enrico Deaglio, ha persino detto che è “pericoloso" dare spazio a tesi complottiste. Pericoloso per chi? Forse per la verità.Certo è che se gli americani hanno messo in piedi tutto questo carrozzone per cercare di smentire chi mette in dubbio la versione Ufficiale vuol dire che ormai cominciano ad essere parecchi, anche negli Usa, coloro che si fanno le domande giuste e non trovano risposte nella "verità" di Washington.
In fondo la domanda fondamentale è una sola: cui prodest?E non c'è dubbio che l'11 settembre sia servito soprattutto ai progetti di conquista planetaria degli atlantici.

giovedì, ottobre 05, 2006

Democrazia Finta

(Fonte:beppegrillo.it)

Nessuno ha eletto le persone che oggi siedono in Parlamento. Sono degli abusivi. La legge elettorale voluta dal centro destra per vincere le elezioni ha impedito ai cittadini italiani di scegliere il proprio candidato. Quindi nessun deputato o senatore può dire di essere stato eletto dal popolo. Può invece affermare di essere stato scelto da un partito. E’ un dipendente del partito, non degli italiani. E, correttamente, parla e agisce a nome del partito sino a quando non cambia casacca. Infatti, un parlamentare abusivo può scegliere di esercitare il suo abusivismo anche in altri partiti. Dipende da chi lo paga di più.Le professioni di questi abusivi della democrazia elettorale sono più o meno sempre le stesse, talvolta intercambiabili e anche cumulabili: avvocati, ex sindacalisti, giornalisti, pregiudicati. Quest’ultima, pur non essendo in sé una professione, ma un’aggravante, è comunque di grande aiuto per essere scelti dalle segreterie di partito.Il centro sinistra disse di voler immediatamente cambiare la legge elettorale. Ma non ha fatto nulla perchè gli conviene. I partiti hanno però introdotto, a loro tutela, la ‘class action parlamentare’. A livello popolare non è ancora (e non lo sarà mai) consentita, ma a livello parlamentare sì. Destra e sinistra non fanno alcuna differenza. Di fronte a una ‘class action parlamentare’ sono tutti uguali, perchè serve a parare il c..o dai cittadini e dai magistrati. Indulto e legge sulle intercettazioni hanno avuto un consenso da parte dei partiti che la Merkel con la sua Grosse Koalition nemmeno si sogna. Leggi parac..o.Il primato della politica, se mai c’è stato, si è trasformato nel primato dei partiti. Una democrazia di cartapesta che spende il suo tempo a legiferare per proteggersi mi ricorda, molto vagamente, una dittatura. Una dittatura dolce in cui il cittadino può incazzarsi, protestare. Magari scendere in piazza per una bella gita in pullman con i sindacati o pagato dal partito. Nulla di più. Siamo al carnevale della democrazia. La legge elettorale ci impedisce di esercitare un nostro legittimo diritto. Se il Governo non la cambia, il Governo è, esso stesso, illegittimo.

Parlamento pulito

Schiavi moderni

Onorevoli wanted

Ricerca imbavagliata

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